Perché non sia solo una giornata

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Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, una ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999. La data del 25 novembre non è casuale: ricorda l’assassinio delle tre sorelle Mirabal, che tentarono di contrastare il regime di Rafael Trujillo, il dittatore che tenne in pugno la Repubblica Dominicana per oltre 30 anni.

I numeri generali del fenomeno fanno preoccupare. Nei primi nove mesi del 2018 gli omicidi volontari nel nostro Paese sono diminuiti del 19% (da 286 a 231) ma le donne uccise sono calate di appena tre unità (da 97 a 94 casi). Una ogni 3 giorni. I femminicidi propriamente detti nello stesso periodo – cioè i casi di uccisione di una donna in ragione del proprio genere – ammonterebbero a 32.

Pur rappresentando il 16 % della popolazione femminile totale in Europa, vale a dire 40 milioni di donne, la categoria delle donne e ragazze con disabilità è una delle più vulnerabili ed emarginate nella società europea. In Italia sono circa un milione e 700mila, e sono vittime di una discriminazione multipla, in quanto donne e in quanto disabili. Il Gruppo Donne UILDMvuole rendere questa giornata una occasione per riflettere anche sulla violenza che subiscono le donne con disabilità, un aspetto del fenomeno a cui spesso non viene dato il peso che meriterebbe: «Ciò che abbiamo individuato come pilastro portante è il fatto che la violenza sulle donne con disabilità appare tuttora come un fenomeno nascosto e sconosciuto ai più, sia per la paura di denunciare da parte delle stesse vittime, sia per la scomoda etichetta di “donna mancata” che ha sempre accompagnato la donna con disabilità, costituendo così un grosso impedimento alla libertà di vivere la propria sessualità e il proprio corpo nella maniera più serena possibile, rendendole un bersaglio facile per le violenze, in quanto la condizione di disabilità limita, oggettivamente, la possibilità di difesa in caso di aggressioni. Le donne con disabilità che molto spesso necessitano di aiuto nello svolgimento di azioni quotidiane si trovano ad essere più esposte a violazioni della propria intimità, e perciò le violenze su di loro spesso vengono perpetuate in luoghi come gli Istituti».

C’è molta strada da fare, ma negli ultimi anni sono nati degli strumenti utili e preziosi per far sì che questo tema non venga confinato a una sola giornata di celebrazioni. Il Secondo manifesto sui diritti delle donne e delle ragazze con disabilità nell’Unione Europea, ratificato da UILDM nel 2017, è un documento diviso in 18 aree tematiche che contiene indicazioni sulle modalità operative più utili a promuovere una cultura a favore dell’inclusione e della parità di genere delle donne disabili. Si passa dall’uguaglianza e non discriminazione, all’accessibilità; dal pari riconoscimento davanti alla legge e accesso effettivo alla giustizia, alla violenza contro le donne; dall’istruzione, alla salute; dal lavoro ed occupazione, all’accesso alla cultura allo sport e al tempo libero. Questo strumento rileva che la violenza sulle donne con disabilità si può esercitare con diverse forme, compresa quella di non poter lavorare: per quanto riguarda il diritto al lavoro, secondo gli ultimi dati Istat disponibili, solo il 35,1% delle donne con limitazioni funzionali, invalidità o malattie croniche gravi lavora, a fronte del già limitato 52,5% degli uomini nelle stesse condizioni. 

Ancora più attuale è l’azione messa in campo da FISH e Differenza Donna per raccogliere dati sul fenomeno della violenza contro le donne con disabilità. Si tratta di VERA (acronimo di Violence Emergence, Recognition and Awareness), indagine che invita tutte le donne con disabilità, anche quelle che pensano di non aver mani subito violenza, a rispondere a un questionario on line.

FISH ha inoltre aderito alla manifestazione nazionale del movimento“Non una di meno” che il24 novembre 2018 a Romasarà in Piazza della Repubblica per denunciare le discriminazioni a cui sono sottoposte le donne con disabilità. Già in occasione del Congresso Nazionale FISH del maggio scorso la Federazione ha dedicato una mozione che prevede specifiche azioni volte a difendere i loro diritti, alla quale sta lavorando il Gruppo Donne FISH.

È del 28 ottobre 2018 un altro documento essenziale per leggere la realtà italiana in termini di attuazione di una politica contro la violenza sulle donne. Si tratta del cosiddetto “Rapporto ombra”stilato da oltre 30 associazioni coordinate da D.i.Re, Donne in rete contro la violenza, per il GREVIO, organismo indipendente del Consiglio d’Europa costituito da esperte/i che monitorano periodicamente l’applicazione della Convenzione di Istanbul sulla violenza contro le donne e la violenza domestica nei diversi paesi che l’hanno ratificata.
Il Rapporto, tra le altre cose, mette in evidenza come in Italia esista un vuoto sia a livello di dati sulla disabilità femminile in generale che sulla violenza contro le donne con disabilità in particolare. L’assenza di riferimenti sulla reale situazione e di normative specifiche porta a considerarle solo come “destinatarie passive di assistenza”, relegate in “ruoli di dipendenza e di necessità di cure”. Da ciò nasce una generale inconsapevolezza e impreparazione sulla relazione tra la condizione di disabilità e il rischio elevato di essere esposte alle violenze domestiche.

Da segnalare nel contesto italiano alcuni passi in avanti, anche se a livello regionale. Proprio in questi mesi Sardegna e Sicilia si stanno muovendo a livello normativo per realizzare azioni di contrasto alla violenza femminile. A dare il via è stato il Consiglio regionale della Sardegna che, nell’agosto scorso, ha istituito il “Reddito di libertà”, una misura per sostenere l’autonomia e l’emancipazione delle donne vittime di violenza domestica in condizione di povertà. Il “Reddito di libertà” è un accordo tra la Regione e la donna, con o senza figli minori, che si impegna a partecipare a un progetto personalizzato, della durata di 12 mesi fino a un massimo di 36, per l’acquisizione della propria autonomia personale, sociale e economica. Viene data priorità di accesso alle madri di figli minori e alle madri di figli con disabilità, perché viene riconosciuta una situazione di maggiore svantaggio rispetto alle altre donne. Il 23 ottobre la Giunta ha approvato un emendamento in cui anche le donne con disabilità vengono inserite in questa categoria perché riconosciute vittime di doppia discriminazione, in quanto donne e persone con disabilità. La modifica è avvenuta grazie al contributo del Centro Informare un'H, un servizio di UILDM Pisa. Dopo la Sardegna, anche la Sicilia lo scorso lunedì 19 novembre ha approvato il regolamento attuativo per il “Reddito di Libertà”, che entrerà in vigore proprio il 25 novembre.

di Alessandra Piva e Chiara Santato

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